Raccontare gli Stati Uniti più insoliti e particolari é uno degli aspetti più belli e soddisfacenti del mio lavoro di blogger, una grande passione alimentata da un crescente interesse nei confronti di quello che a parer mio risulta essere uno dei paesi più vivibili al mondo.
Ma i miei resoconti e le mie osservazioni sono pur sempre frutto dell’esperienza di una viaggiatrice che, nonostante trascorra lunghi periodi dell’anno in USA, ben poco conosce degli aspetti più pratici e talvolta meno idilliaci del vivere stabilmente in un paese così differente e variegato.
E’ un grande piacere, ed un indubbio valore aggiunto per il mio blog, avere la possibilità di intervistare Renata Serracchioli, un’amica virtuale per la quale nutro una grande stima, che da tre anni circa vive assieme alla sua famiglia negli Stati Uniti.
Renata é nata ad Ivrea, provincia di Torino, da mamma romana e papà bolognese.
Per lavoro ha vissuto brevemente a Venezia e poi a Bollate, alle porte di Milano. Era una Sistemista Software, prima di essere messa in mobilità nel 2009.
Ora vive, da mamma full-time, negli Stati Uniti, a Kenosha in Wisconsin.
Allora, premetto che l’idea di un periodo di tempo negli USA, la covo da quando ero piccola.
Detto questo, l’evoluzione è stata rapida, praticamente non abbiamo avuto il tempo di capire bene a cosa andavamo incontro. E forse questo è stato un bene.
Erano i primi di Giugno quando il mio compagno è arrivato a casa parlandomi di questa proposta. Ed era il 27 Giugno quando siamo atterrati nella terra che ci ospita. Non so dirti esattamente se l’abbiamo cercata o è capitata. Diciamo che né io né il mio compagno abbiamo mai nascosto di avere questo desiderio, quindi il suo datore di lavoro ha pensato a lui come un buon candidato.
Integrarsi… credo che, soprattutto quando arrivi in un paese straniero in età adulta, integrarsi sia difficile o quasi impossibile. Ci si avvicina, si comincia lentamente ad entrare a far parte della Comunità. Ma sarai sempre “l’Italiana”, nel bene e nel male.
All’inizio? Mah, io credo che le difficoltà le abbiamo ancora, soprattutto quelle che riguardano la scuola: un sistema completamente differente dal nostro. Non esagero. La fatica è capire come funziona il sistema e quando pensi di aver capito, salta fuori una nuova cosa da capire. Ma le difficoltà le abbiamo incontrate su ogni campo.
Ti faccio un esempio: quando abbiamo affittato l’appartamento in cui viviamo, dovevamo intestarci l’erogazione dell’energia elettrica. Dovevo andare allo sportello della compagnia elettrica (che si chiama WE ENERGY), ma quando arrivo all’indirizzo indicato, mi trovo davanti ad una chiesa e ad una porticina con l’insegna “Salvation Army” (esercito della salvezza). Chiedo al primo che passa e mi dice che devo entrare proprio lì. Mah? Ed era proprio lì che dovevo andare. Semplicemente qui nessuno va allo “sportello”, qui fanno tutto on-line. Qualsiasi cosa. Solo quelli, come noi, che arrivano da un altro paese hanno necessità di andare allo sportello.
E se, insieme a tutto questo nuovo sistema, ci metti anche la barriera linguistica, eravamo proprio soli. Sì, perché hai voglia a dire ad una persona: “sai, da noi è diverso”. Se non provi, non capisci QUANTO diverso possa davvero essere.
Va detto che, fortunatamente, abbiamo subito trovato persone meravigliose che ci hanno aiutato ad affrontare tutto. Anche la scelta delle scuole per i ragazzi.
Al momento del trasferimento non erano ancora adolescenti: mia figlia aveva 9 anni e mio figlio 11.
Diciamo che non hanno capito subito bene cosa poteva significare. Inoltre essendo arrivati qui proprio all’inizio dell’estate, inizialmente è stata accolta come una vacanza lunga. E’ stato quando sono andati a scuola che hanno davvero capito. E non è stato per niente facile. La loro conoscenza della lingua inglese si limitava a poche frasi, numeri e colori.
Ma non è servito a molto perché, tu lo sai perché sei stata qui, puoi sapere quante frasi vuoi ma quando questi iniziano a parlare con i loro mille accenti, alla velocità di un treno, non capisci nemmeno l’alfabeto! Ma alla fine, in pochi mesi, ce l’hanno fatta. Ora sono loro che aiutano me. Loro ora non hanno più ostacoli. Io sì, e molti!!!
Ovviamente parlo per la mia esperienza personale, perché ogni expat ti potrà dire qualcosa di diverso.
Vive bene. MA, eh, c’è sempre un MA, devi saperti adattare.
Come noi italiani pretendiamo che gli stranieri imparino ad adattarsi alla nostra cultura e a rispettare le nostre regole, così noi dobbiamo fare all’estero. Questo è un paese multi-etnico, e dire “multi” è forse riduttivo!
Per far convivere tutte queste culture insieme sulla stessa terra, hanno dovuto creare tantissime regole, raggiungere tanti compromessi. Il rispetto di queste regole è per loro fondamentale. Ed è quello che ci permette, comunque, di vivere bene e di essere rispettati. Si va dalle regole stradali a quelle di comportamento. A scuola (mamma quante ce ne sono! E i miei figli lo sanno bene!), nei negozi, nei ristoranti.
Un paio di esempi: nei luoghi pubblici non puoi sgridare ad alta voce tuo figlio (ancor meno dargli una sberla); non puoi fermarti per strada e fare pipì, nemmeno dietro ad un albero. Tu rispetta le loro regole e loro ti rispettano. Sgarra una volta, e son cavolacci tuoi!
Sul lavoro, come a scuola, ognuno fa quello che deve fare. Se lo fai bene te lo riconoscono e sali sulla scala dei vincitori, se sbagli lo riconoscono altrettanto e scendi. Ma puoi sempre risalire.
Alla fine le difficoltà maggiori sono nel campo dell’amicizia: devi imparare a capire che loro sono molto diversi, hanno valori diversi dai nostri. Le radici profonde, i legami profondi, non sono a loro consoni. Terranno sempre un po’ le distanze. Ma una volta che sai adattarti anche a questo, impari ad accettarlo. Alla fine loro comunque correranno sempre in tuo aiuto, in qualsiasi momento e per qualsiasi necessità.
Io consiglio proprio di non aspettarsi nulla. Se ci si crea una qualsiasi aspettativa, il rischio di delusione è altissimo.
Meglio buttarsi, prendere quello che viene e, quello che assolutamente preferisco, trovare il bello in ogni cosa che ci circonda.
E’ il solo modo di vivere bene. Accettare quello che viene, anche se inizialmente ci sarà, inevitabilmente, nostalgia e difficoltà, è bene sapere che tutto ciò ci renderà incredibilmente più forti.
La Renata di 4 anni fa non esiste più. Nessuno di noi 4 è più la stessa persona. I miei figli, anche messi a confronto coi loro coetanei, sia qui che in Italia, hanno una maturità maggiore. Io dico sempre che andare a vivere in un altro paese è come nascere una seconda volta: bisogna imparare tutto da capo, mangiare, vivere, cucinare, fare la spesa, parlare. TUTTO!
Premesso che il paese perfetto non esiste, io sono partita portandomi dietro una frase di Calvino: “Il luogo ideale per me è quello in cui è più naturale vivere da straniero”.
Questo è il paese dei controsensi: è vietata l’importazione di ovetti Kinder perché il guscio giallo all’interno è ritenuto pericoloso, ma ammettono l’uso delle armi da parte del libero cittadino. E’ un paese che si proclama evoluto, libero, eppure ci sono degli atteggiamenti di bigottismo pazzeschi (basti pensare che le bambine, che abbiano 0 o 9 anni, non possono stare in spiaggia a petto nudo). E non è vero che il Presidente viene eletto dal popolo perché a sostegno del Presidente ci saranno sempre le lobby delle fabbriche d’armi, del tabacco, delle case farmaceutiche e delle compagnie assicuratrici.
Eppure noi qui ci stiamo benissimo perché le cose funzionano.
Non dico che chiunque ci possa vivere bene, ma mettendo quelli che sono i nostri valori su una bilancia, l’ago pende di qua. In Italia, in questo momento, le cose sono ben peggiori.
Potremmo star qui a discutere ore sulle cose che non vanno o che vanno, qui o in Italia. Ma alla fine la risposta è sempre la stessa: a parer mio chi vuole sempre vedere i lati negativi è perché sa di non avere il coraggio di fare quello che altri come noi han fatto. Ammettiamolo che di coraggio ce ne vuole e parecchio. Questa continua ricerca delle cose che non vanno, a me pare un auto-convincimento.
Perché, scusate, cos’è che va in Italia? Ditemelo che vorrei davvero saperlo. Tutte le mattine leggo le notizie dell’Italia, ci vado ogni anno, parlo ogni giorno con parenti e amici. So come (non) vanno le cose.
Sai, non so rispondere. Ho insegnato ai miei figli ad essere cittadini del mondo.
Credo che il loro futuro sia un po’ ovunque nel mondo e mi vedo a girare il mondo per stare un po’ con loro!
Un pregio, un enorme pregio: il rispetto delle regole e del proprio territorio.
Non posso più farne a meno e non posso più accettare che nel nostro Bel Paese invece si faccia a gara per NON rispettare regole e territorio. Un altro pregio che tanto amo è il non giudicare il prossimo dall’aspetto o da come è vestito o dal lavoro che fa, ma per quello che veramente è.
Un difetto di questo paese è la totale mancanza di condivisione familiare: quasi nessuna famiglia fa i pasti seduta intorno ad un tavolo chiacchierando e condividendo. Mangiano in piedi, roba presa in un microonde o panini e poi si lamentano perché non sanno nulla della vita dei loro figli. E più vediamo queste cose, più i miei figli ci chiedono di mangiare a tavola insieme, colazione, pranzo e cena!
Un’abitudine forse il poter andare a fare la spesa a qualsiasi ora del giorno o della notte. O forse salutare sempre gli impiegati quando entri nel supermercato o in qualsiasi negozio: l’ho fatto quando ero in Italia a Natale e mi hanno guardato male!
La trovate sul suo blog Iridi a Stelle e Strisce, in cui racconta attraverso episodi, viaggi, incontri e cucina la sua vita (e quella della sua famiglia, naturalmente) “a stelle e strisce”.
Ed inoltre sulla sua pagina facebook Keep Calm and Feeling Cook in cui racconta (e sperimenta, le foto sono decisamente invitanti) la varietà e la ricchezza della cucina italiana.
15 Comments
Renata è un mito e non fa che confermare dopo qualche anno quello che io ho appena visto in un mese di on the road in Florida. Nessun posto del mondo mi aveva mai fatto un effetto simile: da trasferirsi domani!
Si fa tutto on line, rispetto delle regole, auto-convincimento sulla continua ricerca delle cose che non vanno, fare la spesa 24/24 e, come si suol dire, at last but not least, il buongiorno degli impiegati e dei commessi!
Quanto abbiamo noi italiani da imparare!!!
E siccome l’Italia non lo imparerà mai… non è per caso ci aiuti a trasferirci? 🙂
Concordo Liliana.
Come tutti i grossi cambiamenti non é certo indolore, come ci spiega Renata, ma io credo che i “pro” ripaghino e superino ampiamente i “contro”.
Soprattutto se sei abituato a darti da fare… ritengo sinceramente che gli Stati Uniti siano ancora il paese delle grandi opportunità, spetta a noi saperle cogliere e soprattutto valutare quanto siamo disposti ad “investire” in termini di impegno, sacrificio e dedizione per raggiungerle!!
Ciao Simo e ciao Renata, bella intervista
Grazie Claudia 🙂
..era un commento molto più lungo ma si é perso nell’etere del web!! Ha haa .. Volevo dire che trovo particolarmente significativa la frase di Calvino che usa Renata anche sul suo blog, perché sottolinea bene che non esiste un “paradiso” perfetto e uguale per tutti, dipende dalle proprie capacitá di adattamento e da quello che per ognuno di noi significa il poter vivere “bene”.E sicuramente l’Italia NON é un paese in cui sia facile vivere, ciao
Concordo, specie sul fatto che oggi in Italia, la nostra bellissima e bistrattata Italia, (soprav…) vivere sia diventato davvero complicato!!
Un’interessante finestra su un aspetto che non avevo mai preso in considerazione.
Complimenti ad entrambe, un’intervista che fa riflettere.
Grazie Anna, l’idea era proprio quella di raccontare l’esperienza di vita americana e riflettere in merito.
Renata e’ stata brava a regalarci uno spaccato reale di quella che puo’ essere la vita di un expat, con tutto quello che ne consegue.
Gran bella intervista e tanta stima x Renata, ancora una volta!
Leggendola mi è venuta in mente un’amica americana conosciuta negli anni in cui ha vissuto qui in Italia e il post che ha scritto all’epoca x spiegare l’Italia e gli italiani ai suoi amici americani. Tra le varie cose raccontava con entusiasmo di come qui si mangia tutti insieme e solo prodotti freschi, per non dire dell’orto. Poi passava ad aspetti meno positivi e io mi son chiesta “ma son davvero così?”, xchè vivendoci dentro dalla nascita non li trovo buffi, strani o scomodi …
Poi mi vien da pensare a chi arriva qui da paesi del terzo mondo, senza sapere una parola di italiano e nulla sulle nostre regole e abitudini, ma questa è un’altra lunga storia …
Il succo sta tutto in una frase utilizzata da Renata… “Per far convivere tutte queste culture insieme sulla stessa terra, hanno dovuto creare tantissime regole, raggiungere tanti compromessi. Il rispetto di queste regole è per loro fondamentale. Ed è quello che ci permette, comunque, di vivere bene e di essere rispettati.”
In italia purtroppo le regole, poche e per niente rispettate, sono “ad personam”…
È sempre bello leggervi ma oggi più che mai mi sento un po’ più coinvolta 1) perché si sta avvicinando la data di partenza della mia prima vacanza in Usa 2) perché la mia voglia di fuggire definitivamente dall’Italia è così forte che ogni volta che leggo esperienze che parlano di chi ha avuto il coraggio di farlo come quella di Renata cerco di farne tesoro.
Quindi il senso della mia risposta è che ho troppa paura in questo viaggio di rivivere, per l’ennesima volta, la sensazione che altrove sia tutto meglio a cui si aggiunge la voglia di esportare anche la mia attività! Io e il mio compagno abbiamo già vagato virtualmente in mezzo mondo per individuare la meta ideale! Un po’ come Totó cerca casa!
Non ne posso quasi più di questa mia bramosia di estero e forse grazie a Renata stavolta partiró per gli USA con i piedi un po’ più per terra del solito. La conferma però, che in molti altri posti le cose funzionano meglio, Renata me l’ha data.
Nel mio caso , il prezzo da pagare per ricominciare un’altra volta a50 anni da capo, è troppo alto ed è giunto il momento di concentrarmi qui in Italia e mettermi l’anima in pace. Renata ha reso molto bene l’idea del quotidiano, che è la cosa più difficile da immaginare quando sogni una meta che magari hai conosciuto come turista. Brava Renata e grazie e Grazie ragazze!
Grazie Stefania. Però ti dò un altro spunto di riflessione: troppo tardi per chi? A dire il vero non so se hai figli, non ne parli. Ma io avevo 43 anni quando ci siamo trasferiti. Non ho realizzato il MIO sogno di bambina ma l’ho realizzato per i miei figli. E poi ho scoperto che IO qui ci sto proprio bene!
Non è mai tardi per realizzare i propri sogni. Non è che qui tutto funzioni meglio, ma la somma delle cose, alla fine della giornata, si è più soddisfatti e meno inc… col governo!
Se vai sul mio blog puoi tutta la nostra esperienza!
Buona vita.
Che forza Renata. Complimenti.
Renata e’ davvero una forza!!
E’ stato un onore averla ospite nel mio blog 🙂
Dovrei far leggere l’ultimo post di Renata a mio marito che ha 42 anni e sostiene “è tardi per trasferirsi” “cosa faccio?vado a pelar patate?” come se fosse l’ultimo incapace della terra e così io provo e riprovo a parlarne ma zero!speriamo che queste parole possano fargli aprire una finestrella…