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Un viaggio a Detroit e la riscoperta di una città sorprendente, diversa, totalmente al di fuori degli schemi tradizionali.
Un viaggio nella storia dell’automobile, penso ad Henry Ford, alla sua Model T, alla nascita ed allo sviluppo di uno dei poli industriali più potenti e complessi al tempo stesso degli USA.
Un viaggio nella multiculturalità dei suoi quartieri – che progressivamente, uno dopo l’altro, tornano a risplendere di nuova luce – e nelle tradizioni più autentiche del Michigan State, alludo all’arte, alle produzioni locali, al cibo, ad uno stile di vita molto easy ed open air.
Un viaggio da intenditori che non può che avere un solo ed unico sottofondo musicale, il Motown Sound!
Un genere “nero” – parliamo di pura (e meravigliosa) black music – nato nella leggendaria casa discografica Motown Records di Detroit.
Fu proprio qui che Berry Gordy, grazie ad un prestito di 800$ ricevuto da suo padre, fondò nel 1959 questa etichetta discografica dando origine al Motown Sound e lanciando una serie di musicisti e cantanti divenuti poi celebri in tutto il mondo.
Oggi è possibile visitare il nucleo originario degli edifici della Motown (e riviverne tutta la magia), incluso il mitico Studio A, il luogo in cui sono stati registrati i più grandi successi degli anni ’60.
Come Do you love me, dei The Contours, pezzo famosissimo del 1962 riproposto poi con successo anche nella colonna sonora del film Dirty Dancing.
“La musica della Motown era per tutti: bianchi e neri, blu e verdi, poliziotti e ladri.
Ero riluttante all’idea che la nostra musica potesse escludere qualcuno”
(Berry Gordy)
Il 12 gennaio del 1959 Berry Gordy fondò la sua prima etichetta discografica, la Tamia Records, divenuta poi l’anno successivo Motown Record Corporation. Un omaggio alla città di Detroit il cui soprannome Motor Town fu abbreviato in Motown, ed a cui fu aggiunto poi HItsville U.S.A, nickname per indicare la sede del primo studio di registrazione, e degli uffici annessi, al 2648 di West Grand Boulevard nella zona tra Lasalle Gardens e New Center.
Nel 1960 il primo singolo dei The Miracles – Shop Around – scalò la vetta delle classifiche arrivando al secondo posto nei TOP 100. Un anno dopo, The Marvelettes raggiunsero il primo posto con Please Mr. Postman.
Già verso la metà degli anni ’60, la casa discografica, grazie alla perseveranza di Gordy ed alla presenza costante di validi collaboratori come “Mickey” Stevenson, Brian Holland, Lamont Dozier e Norman Whitfield, si era guadagnata un posto di tutto rispetto ai vertici dell’industria musicale, arrivando a svolgere un ruolo fondamentale anche nell’integrazione razziale.
La Motown Records – prima ed unica etichetta discografica di proprietà afroamericana, nata in un periodo difficile come quello degli scontri razziali che diedero poi via al movimento dei Civil Rights – stava progressivamente sdoganando la “musica nera” rendendola un apprezzato genere musicale per tutti.
Agli inizi degli anni ’70 la Motown fatturava 2 milioni di $ grazie ai The Supremes (inizialmente assieme a Diana Ross), i Four Tops, i Jackson 5 assiema ad un giovanissimo Micheal Jackson, oltre ai già famosi Stevie Wonder, Marvin Gaye, The Marvelettes e The Miracles.
Tutti lavoravano e registravano ad Hitsville U.S.A. nello Studio A, condividendo le giornate con la famiglia di Berry Gordy che viveva in un piccolo appartamento proprio sopra gli uffici.
Dalla visione musicale di Berry e dall’abilità artistica dei suoi collaboratori nacque un nuovo modo di fare musica, così singolare e riconoscibile da essere poi passato alla storia come Motown Sound. Un sound caratterizzato da melodie sofisticate e più voci in sottofondo, uso di trombe ed archi, scelta di artisti a metà strada tra gospel e pop, e supporto di abili bassisti e batteristi di accompagnamento.
Negli anni ’70 Berry Gordy trasferì la produzione a Los Angeles – dove la casa di produzione ha sede ancora oggi – fondò Hitsville West per ampliare la produzione musicale soprattutto in ambito televisivo e cinematografico come dettavano le tendenze dell’epoca.
Il resto è storia.
Dell’evoluzione in altri generi musicali e dei grandi artisti che si sono ispirati al Motown Sound, fino a d arrivare ai giorni nostri.
“Negli anni ’60, non ero ancora convinto che non stessimo facendo solo musica, stavamo facendo la storia”
(Smokey Robinson)
La storia della musica la Motown Records l’ha fatta davvero.
Ed è naturale che oggi gli studi originari della Tamia/Motown Records di Detroit siano stati convertiti in un museo, visitato ogni anno da centinaia di migliaia di fan del Motown Sound.
ll Motown Museum, è stato fondato da Esther Gordy Edwards nel 1985. Appassionati e curiosi arrivano da tutto il mondo per entrare nello Studio A, dove hanno registrato i loro artisti e gruppi preferiti e per vedere l’appartamento superiore restaurato dove Berry Gordy visse con la sua famiglia durante i primi anni.
La visita si sviluppa in compagnia di un’esilarante guida che a suon di musica e ritornelli, filmati inediti e brevi jingle a sorpresa racconta la storia dell’etichetta discografica mostrando una vasta gamma di manufatti, fotografie e altri cimeli legati all’epopea della Motown e dei suoi artisti.
Il clou dell’esperienza è senza ombra di dubbio la possibilità di entrare e canticchiare My Girl dei The Temptations assieme alla guida nel mitico Studio A. Una grande emozione anche per chi, come me, di quei tempi incredibili, quasi magici, ne ha solo sentito parlare eppure quelle melodie gli sembra di conoscerle da sempre.
Il Motown Museum si trova al 2648 W Grand Blvd, Detroit.
Da maggio a settembre è aperto dal lunedì al sabato dalle 10 alle 18. Da settembre ad aprile dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 18.
Le visite (solo) guidate partono ogni ora (mezz’ora nei giorni di grande affluenza) e durano circa un’ora e mezza. Se pensate di visitare il museo durante i mesi estivi, specialmente nei weekend, allora il consiglio è di prenotare l’ingresso e l’orario sul sito ufficiale, potete farlo cliccando qui.
Il prezzo del biglietto è di 15$, 10$ per i senior oltre i 62 anni e gli under 17. Sono previste scontistiche per gruppi superiori alle 20 persone.
All’interno del museo non è permesso fotografare, solo al termine della visita nello Studio A viene concesso (a sorpresa) di scattare qualche foto.