Nell’immaginario collettivo percorrere la Route 66, la Great Mother Road, significa intraprendere l’on the road americano per eccellenza.
Chi non ha mai desiderato di attraversarne anche solo un tratto per poter ricordare e raccontare di aver fatto parte del suo mito?
Oggi lascio la parola a Franco Zefferi, un fotografo specializzato in on the road negli USA, che seguo con grande interesse da un pò e che ne ha fatto la sua grande passione, al punto di decidere di percorrere la Route 66 più volte.
Le sue foto parlano, raccontano, in un modo speciale ed unico, di un mondo che non c’é più, di un’America lontana, del grande esodo verso ovest, dei sogni e delle speranze di un’intera generazione.
Credo davvero che il suo contributo possa essere d’aiuto e soprattutto di spunto a quanti si accingono a percorrere la mitica Strada Madre.
Intanto volevo ringraziarti Simona per l’opportunità che mi dai di poter entrare a “far parte” del tuo blog che seguo con molto interesse da parecchio tempo.
Come molti della mia generazione, sono cresciuto con i telefilm americani degli anni 70/80 e grazie a loro è nato il mio amore per gli Stati Uniti: i grattacieli, le grandi macchine, gli spazi immensi, il senso di libertà che trasmettono.
Proprio quest’ultimo aspetto, il senso di libertà appunto, credo che faccia la differenza tra il viaggiare in qualsiasi altro posto e viaggiare negli USA.
Ho sempre pensato che gli Stati Uniti siano in grado di fornire a ciascuno di noi una particolare visione di se stessi, che poi noi adattiamo secondo la nostra sensibilità e le nostre esperienze.
Nei miei pensieri di ragazzo gli USA erano il west selvaggio e la west coast spensierata e festaiola.
Oggi per me gli stati uniti rappresentano quindi anche un modo per rivivere i miei sogni di bambino. Credo che l’on the road si adatti perfettamente alla voglia di libertà senza vincoli che gli USA trasmettono.
Viaggiare in quegli spazi immensi, attraversare posti nei quali non sei mai stato ma che senti così tuoi, è una bellissima sensazione. E poi percorrere la Route 66, un grande amore, l’on the road per eccellenza. Ci siamo sfiorati un paio di volte nei miei viaggi prima di percorrerla tutta.
Avevo fatto dei tratti ad ovest, in California ed Arizona, e fin da queste prime volte era scattato qualcosa: la Route 66 non era solo una strada, ma l’essenza stessa del mio modo di concepire il viaggio, un libro che ti racconta una bellissima storia di un mondo che non c’è più ma di cui gli americani vanno fieri e cercano tenacemente di tener vivo il ricordo.
La Route 66 è un cuore che batte e che trasmette passione ed emozioni come pochi altri posti, ma bisogna “viverla”, lasciarsi coinvolgere senza pregiudizi e calarsi totalmente in quel mondo dal quale probabilmente non uscirai più.
Ti ringrazio.
La fotografia nel tempo è diventata parte del mio lavoro, ma il “saper fare” le foto c’entra fino ad un certo punto in un contesto particolare come quello del viaggio.
Devi lasciarti avvolgere dal posto in cui ti trovi, solo così riesci a cogliere aspetti che a prima vista sfuggono.
La passione e la propria sensibilità sono quindi determinanti.
Bisogna prendersi il tempo necessario per catturare un momento e trasmetterne il messaggio.
Questo messaggio può essere solo il tuo, la tua visione delle cose, oppure quello che il soggetto, la Route 66 ad esempio, ti chiede di comunicare, ma in entrambi i casi deve essere il più chiaro possibile, almeno a te stesso.
Bisogna saper guardare con attenzione quello che ci circonda, l’attrezzatura e la preparazione tecnica sono importanti, sono la base, ma la propria sensibilità fa la differenza.
Oggi la tecnologia aiuta facendosi carico dell’eventuale carenza di cognizioni tecniche
ma la fotocamera non ha un’anima, quella deve mettercela chi la usa.
Il consiglio è quindi di cercare di cogliere aspetti che possono non risultare “visibili” ad un primo sguardo, di immaginare la scena e di comporla secondo la propria fantasia.
Quando viaggio sono solito dividere le foto in due categorie: una che racconta dove mi trovo e l’altra fatta di foto che potrebbero essere state scattate ovunque. Spesso riguardandole non ricordo nemmeno dove mi trovassi. E’ il mio modo di comunicare le emozioni mentre viaggio.
Come ti dicevo, con la Route 66 ci siamo sfiorati un po’ di volte, come fanno due persone che non si conoscono ma che vogliono a tutti i costi diventare amici.
Come molti la parte ovest è stata quella che ho conosciuto per prima.
C’è una sostanziale differenza, a mio parere, tra la parte est e quella ovest, per via della diversità dei paesaggi, della gente e forse anche nel modo di concepire la vita.
La parte est è secondo me più vera, più pulsante, ma anche più discreta.
La gente ci tiene a farti vedere cosa fa e perché quello che fa è così importante per tenere viva la Route 66.
La parte ovest in alcuni casi è più “costruita”, offre quello che il turista si aspetta di vedere lungo la strada, mi riferisco in particolare ai paesi che si attraversano molti dei quali bellissimi, ma forzatamente “vistosi” e colorati.
Dal punto di vista dell’impatto emotivo, la parte ovest è pazzesca. I suoi paesaggi lungo il Mojave desert sono di una “violenza” visiva devastante: la Route 66 ed il nulla, il deserto, il sole, il caldo e l’asfalto, dritto, senza curve, fino all’infinito. Davvero uno spettacolo per gli occhi.
La parte est è rigogliosa, verde e sinuosa.
Si percepisce in maniera evidente l’orgoglio della gente che ha fatto parte di un passato glorioso e cerca in tutti i modi di raccontartelo e di coinvolgerti.
Ricordo che ad Arcadia (Oklahoma) mi fermai perché attratto da una serie di piccole costruzioni che richiamavano tratti famosi della Mother Road (la Blue whale, le twin arrows, ecc.), tutte racchiuse dentro un recinto.
Mentre cercavo di capire cosa fosse quel posto (non avevo trovato informazioni prima di partire), un tizio da lontano si sbracciò e mi invitò ad entrare.
Con un po’ di diffidenza mi avvicinai (era solo lui ed il suo cane) e mi fece visitare la sua casa, piena zeppa di repliche di icone della Route 66 costruite da lui.
Aveva anche realizzato un piccolo diner (proprio come uno di quelli che si incrociano durante il viaggio), un drive in ed una miriade di piccole cose che richiamavano la storia della strada madre.
E’ stato bello visitare il suo mondo e lui, John Hargrove, era davvero entusiasta di mostrarmelo.
Il giorno dopo vidi una sua foto nel museo di Clinton (Oklahoma), tra quelle delle persone che hanno contribuito più di altre al recupero ed al mantenimento delle radici storiche della Route 66 in Oklahoma.
La Route è fatta di icone, paesi e di gente incredibile che ti contagia con il suo entusiasmo.
Personalmente amo la parte est, con le sue vecchie pompe di benzina, le macchine d’epoca, il verde, forse è più “romantica” della parte ovest, anche se questa ha dalla sua paesaggi bellissimi.
Diciamo che i tratti da Chicago ad Amarillo (Illinois, Missouri, Oklahoma, Kansas e Texas), da Seligman ad Oatman (uno dei più belli con la Route che si arrampica sulle montagne prima di adagiarsi ad Oatman, la città dei muli) ed il pezzo da Needles fino a Barstow (il tratto che costeggia il Mojave desert, con lo splendido Roy’s Cafè ed il Bagdad Cafè, noto anche per l’omonimo film) sono quelli che secondo me non si possono saltare.
Bisogna prepararsi per bene per percorrere la Route 66 nella sua totalità, soprattutto dal punto di vista della conoscenza. Torno sempre su questo argomento perché spesso purtroppo c’è molta superficialità nell’approccio alla Mother Road: se le cose non si conoscono non se ne apprezza il senso.
Spesso si tende ad identificare un posto o un paese con la totalità della strada, quando in realtà per una strada così lunga di posti caratteristici ce ne sono tantissimi.
Va detto tuttavia che la Route 66 offre così tante perle nascoste nei suoi 4000 Km che sarebbe necessaria più di una sola visita per poterla apprezzare e conoscere per bene.
Il periodo migliore secondo me è da giugno a settembre/ottobre.
Le giornate lunghe permettono di poter pianificare con tranquillità anche tratte piuttosto impegnative non perdendosi nulla di quello che si incontra.
Io ho percorso tutta la Route 66 lo scorso settembre utilizzando 13 dei miei 21 giorni negli USA.
13 giorni solo di percorrenza sulla Route, escludendo quindi i giorni a Chicago ed a Los Angeles.
13-15 giorni di viaggio sulla Route 66 sono quindi sufficienti per godersi paesaggi ed “attrazioni”,
nel caso poi ci si voglia fermare per visitare le città più importanti che si attraversano (Chicago, St Louis, Oklahoma City,Santa Fe, ecc), allora bisogna considerare un po’ più di tempo.
Consiglio di dividere le tappe in tratti da non più di 350/400Km, una distanza tranquillamente percorribile nell’arco di una giornata senza dover andare di corsa.
E’ d’obbligo poi cercare di pernottare in qualche motel caratteristico.
Gran parte di questi Motel sono ovviamente ristrutturati, ma mantengono intatto lo stile e l’atmosfera degli anni 50/60, gli anni d’oro della Mother Road.
Cito ad esempio il Munger Moss Motel a Lebanon (Missouri), Il Wig Wam Motel a Holbrook (Arizona), ma soprattutto il mio preferito, il Blue Swallow Motel a Tucumcari (New Mexico).
Il prezzo è in linea con le catene di motel americane più famose, non hanno la colazione inclusa, ma solo un caffè americano (o tè) in piedi o seduti nella hall, ma hanno dalla loro l’atmosfera così tipicamente retrò che è qualcosa di irresistibile.
Riguardo al budget, siamo intorno ai 3000 dollari a persona per 15/20 giorni complessivi.
Per quanto riguarda il volo, ho viaggiato con Alitalia (diretto RM-CHICAGO e LAX-RM), per una cifra intorno ai 750 euro compresa l’assicurazione sanitaria e sul costo dell’auto ha gravato il peso del Drop Off nel mio caso leggermente superiore al costo del noleggio (circa 1000 dollari in totale per una intermediate car).
Per i Motel mi sono regolato sul posto, dall’italia ho prenotato solo gli hotel a Chicago, a Los Angeles ed altri due dove volevo assolutamente soggiornare (Il blue Swallow a Tucumcari e lo Stagecoach 66 a Seligman).
Mi sono quasi sempre affidato a catene tipo Super 8 dove lo standard è abbastanza buono ed il prezzo coerente con il servizio offerto, mediamente circa 70/80 dollari a camera per notte.
1) Approfondire la storia della Route 66 prima di partire, essere consapevoli del viaggio che si andrà affrontare.
Prendere nota dei posti e delle attrazioni che si incontreranno.
La Mother Road non offre paesaggi mozzafiato come possono essere quelli di un canyon o della Monument Valley, è una strada ad alto contenuto emozionale se ti lasci rapire e per farlo devi conoscere quello che incontrerai on the road.
2) Vivere la Route 66. Molti pensano che la Route sia una strada di collegamento tra una città ed un’altra, è un approccio sbagliato.
La Route 66 va percorsa e vissuta per assaporarne l’essenza. Per citare una frase di Sally Carrera, la Porche di Cars (film di animazione della Pixar, realizzato dopo che il regista aveva percorso la Strada Madre con la sua famiglia) nella sua traduzione italiana: sulla Route “il bello non era arrivare, il bello era viaggiare”.
3) Acquistare una cartina ed una guida specifiche per la Mother Road ed utilizzarle durante il viaggio. Evitare il ricorso ai navigatori satellitari poiché questi non hanno un’anima romantica come noi viaggiatori della Route 66, ma cercherebbero in ogni modo di dirottarti sulle interstates.
Una buona parte della Route 66 non rientra più del piano autostradale americano fin dalla metà degli anni 80. Alcuni tratti sono in disuso o, per esigenze di viabilità locale, hanno assunto una differente denominazione. Se non si ha quindi una mappa specifica non si riuscirà a percorrerla tutta per intero senza perderla.
Senza contare i tratti stupendi non indicati localmente (quello in mattoni rossi ad Auburn in Illinois, oppure lo sterrato tra Glenrio e San Jon, tra Texas e New Mexico per citarne un paio).
Viaggiare quindi con una mappa specifica, una guida e magari con il proprio itinerario realizzato prima di partire, è essenziale; le indicazioni lungo strada non sono sempre presenti o esaustive.
Un pregio è che cerco sempre di informarmi prima di partire, creo il mio itinerario segnandomi le cose che meritano di essere viste, non sopporto di tornare a casa e scoprire di essermi perso qualcosa, questo mi facilita non poco il compito durante il viaggio,soprattutto se devo percorrere molta strada.
Un difetto è che “purtroppo” tendo a tornare troppo spesso nei posti che mi sono piaciuti.
Quest’anno ripercorrerò più della metà di Route 66, sarà come incontrare vecchi amici che hanno sempre tante storie da raccontarti.
E poi nei miei on the road non posso fare a meno della mia musica.
Viaggiare on the road, con una macchina americana, un frappuccino freddo ascoltando un pezzo metal degli anni 80 è qualcosa a cui non posso davvero rinunciare.
Ed al mio cappello da cowboy ovviamente.
Tra due mesi Franco partirà alla volta di un altro emozionante road trip, da Chicago – per percorrere la Route 66 fino a Santa Fe – per poi andare verso il Colorado ed il South Dakota.
Se siete curiosi di saperne di più date un’occhiata al suo sito personale, al suo Foto-libro sulla Route 66 (tutte le foto presenti in questo post sono sue, mi ha gentilmente concesso di usarle) ed al suo ultimo itinerario di viaggio sulla Great Mother Road… e poi ditemi se le sue foto non hanno conquistato anche voi!
12 Comments
Che meraviglia!!
Complimenti a Franco per le sue foto e a te che come sempre ci regali spaccat veri ed emozionanti di viaggio. Grazie
La condivisione e’ una delle cose piu’ belle che mi ha regalato questo blog.
Dico sempre che mi piace pensare al mio lavoro, ai miei lettori ed a persone speciali tipo Franco come ad una grande community di viaggiatori in cui aiutarsi, confrontarsi e condividere.
Grazie Anna
un giorno se mi darai spazio condividero’ il mio primo viaggio negli States, per ora continuero’ a leggerti volentiri
Grazie Roberto, sarai il benvenuto 🙂
Le foto sono pazzesche e condivido il fatto che al talento si debba unire una componente fondamentale: quel “sentire dentro di sé il viaggio” che ti permette di vedere cose che gli altri non notano neanche. Tra tutti e due mi avete fatto venire voglia di USA, di nuovo. Ma come si fa??? 😀
Ehehehe si fa che devi andare…
Ho la sensazione che entrerai presto anche te nel gruppo di US addicted 😉
Che figata.
E’ una vita che la sogno ma non posso permettermela ancora, intanto sogno grazie a voi.
Bellissimo blog complimenti
Marco
Marco se vuoi “sognare” e scoprire i veri USA sei capitato nel posto giusto.
Fai scorta di post e racconti… ti auguro ti poterli usare presto per il tuo primo itinerario USA 😉
Peccato che la Great Mother Road non sia piu’ quella che tutti, chissa per quanto tempo, abbiamo sognato di percorrere, il Viaggio on the road lungo la strada piu famosa del mondo, quella strada che divide in due gli states. Poco resta di quel vecchio asfalto, quasi spariti i vecchi rifornitori, per far spazio alle veloci interstate e a qualche negozietto di souvenir. E’ quasi difficile trovare un insegna orizzontale nell’asfalta “us66” molto piu’ facile trovare “historic us 66” di quella strada resta solo il vecchio fascino purtroppo e qualche miglio , che, se non ben documentati prima, o grazie ad una cartina , difficilmente riusciremo a trovare. Resta solo il MITO di quella strada, che vale comunque la pena percorrere.
Beh, il 75% della vecchia Route 66 è ancora percorribile ed attraversa diversi paesi in cui il tempo sembra essersi davvero fermato (Mc Lean in Texas, Texola in Oklahoma o Galena in Kansas ad esempio).
C’è ancora molto della vecchia Route 66 da percorrere e da vivere, l’importante è partire con le informazioni giuste.
Ruote 66 obiettivo 2022… sto già studiando grazie alle tue preziose indicazioni.
Ps il nuovo sito è bellissimo! Complimenti 🇺🇸👏
Ma grazie!! E dita incrociate per la Route 66…