Acronimo di Three Boroughs, ovvero tre dei cinque distretti, The Five Boroughs, che compongono la città di New York.
Ci sono la stranote Manhattan e Staten Island e poi ci sono il Bronx, il Queens e Brooklyn le tre aeree più densamente popolate e ricche dal punto di vista umano e multiculturale dell’intera città.
Se volete conoscere ed assaporare la vera essenza di New York, una volta fatta la dovuta indigestione delle grandi attrazioni turistiche e dei luoghi simbolo di Manhattan é qui che dovete venire.
Qui dove decine di culture ed etnie differenti nel corso di un secolo circa si sono stanziate, spesso scontrate, talvolta isolate ma più frequentemente integrate dando vita ad una carrellata di colori, suoni, odori e tradizioni talmente variegata ed originale da poter essere considerata unica al mondo.
Non abbiate paura di prendere la metro e di spingervi in queste zone, una volta territorio esclusivo di bande criminali ed organizzazioni mafiose, oggi decisamente più tranquille, interessanti e sempre più attive realtà locali grazie soprattutto al lavoro di Rudolph Giuliani e Michael Bloomberg, i due sindaci che nel corso di un decennio hanno contribuito (ognuno a modo suo) in maniera determinante alla rivalutazione di queste zone.
Se ripenso al Bronx ed al Queens del passato, quelli dei film della mia adolescenza il colore che mi viene alla mente é il grigio.
Il colore anonimo della miseria, della serrande abbassate, delle walkup, le case popolari di due, massimo tre piani, malandate e semidistrutte che caratterizzavano lo sfondo di un quartiere che sembrava uscito da un documentario post-bellico.
Si perchè qui fino agli anni’80 gli edifici venivano incendiati dagli stessi proprietari per poter accedere ai soldi delle assicurazioni, qui le più note famiglie mafiose dettavano leggi e regole quasi si trattasse di un’inquietante stato parallelo, qui si sparava per pochi spiccioli e si uccideva per ancora meno.
Se guardo il Bronx ed il Queens di oggi, improvvisatami turista per caso nella multiculturalità di una città che amo e che non smette mai di sorprendermi, io vedo, nonostante il tempo uggioso di una fredda mattina di inizio novembre, un caleidoscopio di colori, contrastanti certo, ma vivi e brillanti.
Quelli dei graffiti, inneggianti i propri beniamini, sulle serrande e sulle pareti dei locali nei pressi del nuovissimo Yankee Stadium, quelli accesi dei mercati locali o dei futuristici centri commerciali che nascono come funghi.
Quelli eccentrici e sgargianti degli abiti tradizionali, quelli caldi, segno di un autunno avanzato, dei numerosi parchi e giardini che prendono lentamente il posto delle aeree degradate e quelli sfumati dei negozi etnici in cui é possibile trovare i prodotti più stravaganti ed originali.
Provate ad entrare in una bottega ispanica di Botanica nel Bronx (ce ne sono ovunque), chiedete gentilmente di poter curiosare, vi ritroverete tra oggetti sacri, ingredienti per pozioni “magiche” e spray per salvaguardare l’anima.
Se poi volete farvi un’idea della vita nel Queens al di là di quelle che sono le sue principali attrattive (prime tra tutte il Queens Museum of Art, lo Sculpture Center ed il Mets City Field ), basterà raggiungere Astoria.
In passato zona malfamata e ad alto rischio, oggi tranquillo quartiere residenziale in cui coesistono, quasi sempre pacificamente, abitazioni ed attività di Serbi, Croati, Albanesi, Greci ed una folta ed autentica comunità italiana, le cui case, mi fanno notare, sono facilmente individuabili grazie a tre elementi distintivi… il giardino curato, un piccolo orto e l’immancabile Madonnina di ceramica all’ingresso.
Ma la sorpresa più bella Astoria te la fa proprio nel punto in cui si affaccia sull’East River, all’inizio dell’Astoria Park, una veduta unica e speciale su Manhattan e sull’Hell Gate, il suggestivo ponte che la collega al Bronx.
Il borough più variegato e popoloso (circa due milioni e mezzo di abitanti), il più antico e ricco, in termini di vissuto ed esperienze, dell’intera New York.
Ogni volta che ci torno mi sorprendo ad osservare la vita che scorre nelle sue strade, tra le sue diversissime comunità, e ad ascoltare, entrando in un locale o semplicemente stando seduta su una panchina di un parco, le lingue ed i dialetti più improbabili.
Nessun luogo al mondo meglio di Brooklyn rissume in sè le mille sfumature del concetto di multiculturalità.
E’ come se questa area fosse nata e si fosse sviluppata esclusivamente per dare modo a chiunque di vivere e coltivare il suo pezzetto di “sogno americano” senza dover rinunciare alle proprie origini ed al proprio bagaglio di tradizioni e cultura.
Un quartiere che parla di mondo e a saperlo ascoltare si scoprono storie e personaggi, saghe familiari e stili di vita che suscitano senimenti ed emozioni spesso contrastanti, commozione, incredulità, talvolta anche disapprovazione mista ad un irritante sentimento di incomprensione per qualcosa di tanto diverso e distante.
Come, ad esempio, l’emozionante incontro con i Fortunato Brothers a Williamsburg Northside, una famiglia di pasticceri napoletani trasferitasi qui negli anni’50. Una storia fatta di non pochi sacrifici e di qualche bella soddisfazione come quella di essere riusciti a diventare un punto di riferimento e di incontro per l’intero quartiere.
O, diversamente, come l’incontro-scontro (più che altro emotivo) con la comunità ebraica degli Acdin (particolarmente presente nel sud di Williamsburg) che volutamente ha scelto di vivere isolata dalle altre etnie temendo che le inevitabili interferenze e contaminazioni possano in qualche modo intaccare la purezza del loro credo.
Una realtà difficile da accettare (considerate soprattutto le condizioni di sottomissione a cui sono sottoposte le donne) eppure radicata, nel rispetto delle altre comunità presenti, in questa zona da moltissimo tempo.
Ed é proprio questa la magia (passatemi il termine) di Brooklyn, e di Triboro in generale.
Constatare con i propri occhi, ed orecchie, che c’é dell’altro e che nonostante lo si possa condividere o meno vale comunque la pena sforzarsi di capirci, e magari imparare, qualcosa di più.
5 Comments
Io a New York non ci sono mai stata ma se dovessi riuscire ad andarci un giorno vorrei con me una guida come te.
Con i tuoi racconti mi fai scoprire tante cose nuove, grazie
Anna ma grazie a te, sei davvero gentile.
Comunque fidati, a NY non servono gran guide, basta solo organizzarsi un pò da casa.
Comunque, quando deciderai di andare te lo preparo io un itinerario ricco e variegato, promesso 😉
Allora ci conto!!
Un itinerario personalizzato che bello. 🙂
Ci sono stata proprio a febbraio nella zona dove risiede la comunità ebraica degli Acdin e sono rimasta colpita dal loro modo di vivere isolati, in una delle città più piene di vita del mondo..
Bello anche il Bronx con quei murales *.*
New York non smette mai di sorprendermi, davvero!!