Donne che hanno fatto la storia: Nellie Bly, la reporter americana – vissuta a cavallo tra ‘800 e ‘900 – pioniera del giornalismo investigativo, inviata in Europa durante la Prima Guerra Mondiale e prima donna ad effettuare il giro del mondo in solitaria, in soli 72 giorni, inseguendo il mito (e battendo il primato) di Phileas Fogg, il protagonista de “Il giro del mondo in 80 giorni” di Jules Verne.
Di donne che hanno fatto la storia – specialmente quando essere donna significava avere un percorso già definito in partenza, spesso e volentieri mortificato da convenzioni sociali apparentemente intoccabili – ce ne sono state davvero tante, e negli ambiti più disparati.
Restringendo il campo alle donne americane, scrittrici, poetesse, esploratrici, reporter, attiviste e imprenditrici che per buona parte dell’800 e lungo la prima metà del ‘900 fecero la differenza, andando oltre le regole a loro consentite, si apre uno scenario ricco di storie interessanti e di percorsi legati a personaggi femminili che a modo loro contribuirono a cambiare e migliorare non poco il sistema.
Così su due piedi – non basterebbe un libro per citarle tutte – mi vengono in mente le scrittrici Louisa May Alcott, Edith Wharton ed Harriet Beecher Stowe, la poetessa Emily Dickinson, la filantropa Caroline O. Emmerton, l’aviatrice Amelia Earhart, la giornalista di viaggio Lady Grace Marguerite Hay Drummond-Hay, ed andando ancora più avanti nel tempo attiviste del calibro di Rosa Parks – donne di cui ho scritto spesso e volentieri sulle pagine di questo sito – e non ultima la reporter Nellie Bly, al secolo Elizabeth Jane Cochran.
Conoscete la sua storia?
Nellie Bly. Una donna americana che ha dato voce a tante altre donne, quelle del “senza” – senza possibilità, senza prospettive, senza la necessaria, ed indispensabile per l’epoca, “protezione” di un marito – e che ha sfidato le convenzioni sociali arrivando a dimostrare che una donna di talento può e deve seguire le sue ambizioni ed aspirazioni. Una reporter d’inchiesta, diremmo noi oggi, ma anche un’indomita ed appassionata esploratrice e, soprattutto nella parte finale della sua vita, filantropa e benefattrice.
Elizabeth Jane Cochran nasce ad Apollo, in Pennsylvania, il 5 maggio 1864.
Amatissima figlia (tredicesima di quindici fratelli) del giudice e uomo d’affari Michael Cochran, Elisabeth si trova presto a dover fare i conti con la morte prematura del padre ed il conseguente tracollo finanziario della famiglia. Il passaggio da una condizione agiata ad una di totale ristrettezze, aggiunta alle violenze subite dalla madre dal secondo marito – è la stessa Elisabeth, ancora adolescente a testimoniare contro di lui nel processo di divorzio – ed all’impossibilità di completare gli studi per mancanza di fondi, la spingono a cercare un lavoro che possa renderla indipendente e realmente libera di seguire la sua strada.
L’occasione arriva con la pubblicazione di un articolo del Pittsburgh Dispatch – di cui Elisabeth è avida lettrice – dal titolo What Girls Are Good For, ovvero A Cosa Servono le Ragazze. Un “pezzo” vergognoso su quello che dovrebbe essere il ruolo delle donne nella società dell’epoca che le fa scrivere di getto una lettera di protesta al giornale firmandosi come Lonely Orphan Girl.
George Madden, direttore del Dispatch, è talmente colpito dal contenuto della lettera e dalla sua abilità di scrittrice che decide di assumerla come reporter creandole (impensabile che una donna potesse lavorare in un giornale e firmarsi col proprio nome) lo pseudonimo di Nelly Bly, divenuto poi per un errore di battitura Nellie Bly.
Da qui in poi la carriera di Nellie è un susseguirsi di successi e primati.
L’inchiesta sulle condizioni delle operaie nelle fabbriche di Pittsburgh e dei miseri alloggi in cui erano costrette a vivere ed il reportage di viaggio di sei mesi in Messico ne fanno un personaggio, ma pur sempre un personaggio-donna con tutte le limitazioni del caso. Nellie allora lascia Pittsburgh alla volta di New York, certa che solo in una città come questa sarebbe potuta emergere ed affermarsi come donna e come giornalista
E’ assunta al New York World di Joseph Pulitzer.
Il suo primo incarico – come reporter undercover, “sotto copertura” – è quello di raccontare le condizioni di vita nel reparto femminile dell’ospedale psichiatrico del New York City Mental Health Hospital di Roosevelt island. Dopo essersi finta pazza, viene internata e vive sulla sua pelle per dieci interminabili giorni le impossibili condizioni di vita delle pazienti.
Una volta fuori, sensibilmente provata, lavora ad un’inchiesta-editoriale sul World (divenuta poi un libro, “10 Giorni in manicomio”) che oltre ad ottenere un grande successo a livello mediatico alza finalmente il velo sulla situazione drammatica dei pazienti nei reparti psichiatrici e contribuisce non poco al miglioramento delle loro condizioni.
La fama ed il prestigio di Nellie aumentarono in maniera esponenziale dopo l’impresa che porta a termine, ancora una volta come inviata per il New York World, e che la vede prima donna ad affrontare in solitaria un giro intorno al mondo in soli 72 giorni, inseguendo il mito (e battendo il primato) di Phileas Fogg, il protagonista de “Il giro del mondo in 80 giorni” di Jules Verne.
Lo stesso Verne, chiederà poi, incuriosito non poco, di incontrarla durante il suo transito in Francia, e Nellie accetterà con entusiasmo l’incontro.
Nel 1895 Nellie Bly, al culmine della sua fama, appena 31enne lascia improvvisamente il giornalismo per sposare – contro il parere della famiglia di lui che vedeva in lei solo un’arrivista senza scrupoli – il milionario 73enne Robert Seaman, proprietario della Ironclad Manufacturing. Nel 1904, dopo 10 anni di matrimonio, Robert muore per le conseguenze di un incidente lasciando l’intera sua attività nelle mani della moglie che diventa di fatto la prima donna americana a capo di un’azienda.
L’amministrazione illuminata ed attenta di Nellie Bly, specie nei confronti degli operai e delle loro famiglie, non le evita la bancarotta e la conseguente “fuga” in Europa.
Quando scoppia la Prima Guerra Mondiale, Nellie decide di tornare al giornalismo accettando un lavoro per il New York Evening Journal, recandosi personalmente sul fronte russo e serbo e raggiungendo così un nuovo primato. Assieme ad Edith Wharton, altra inviata statunitense, sarà una delle prime giornaliste donne corrispondenti di guerra.
Al termine del conflitto, Nellie Bly rientra a New York, e riprende a scrivere per il Journal. Ma i tempi sono cambiati, lei è cambiata. Si dedica per lo più a temi sociali con una particolare attenzione per i bambini abbandonati, che lei stessa raccoglie per strada e cura – nonostante i suoi mezzi economici siano ormai limitati – nel modo migliore.
Morirà al St. Mark’s Hospital di New York, a soli 57 anni, il 27 gennaio 1922, per le conseguenze di una polmonite mal curata.
“Non ho mai scritto una parola che non provenisse dal mio cuore. E mai lo farò”.
(Nellie Bly, Memorie)
Se dovessimo mappare i luoghi legati al personaggio di Nellie Bly, finiremmo col segnare ogni angolo del globo, dalle Americhe, all’Oceania, all’Oriente ed all’Europa, complici i suoi 6 mesi in Messico, il Giro del Mondo in 72 giorni ed i reportage dal fronte russo e serbo durante la Prima Guerra Mondiale.
Restringendo il campo agli Stati Uniti, se volessimo ripercorrere le sue tappe dovremmo partire dalla Pennsylvania, da Apollo il piccolo centro in cui è nata, oggi poco più di un agglomerato urbano, e Pittsburgh, la città in cui è cresciuta come reporter presso il Pittsburgh Dispatch, in downtown, per poi spostarci a New York, dove si affermò definitivamente come giornalista ed esploratrice grazie al lavoro ottenuto presso il New York World Building di Joseph Pulitzer.
Camminando per le strade di New York potremmo oggi quasi seguirne le tracce.
Dal City Hall Park, che tra fine ‘800 ed inizio ‘900 rappresentava il cuore e l’anima degli edifici commerciali, finanziari, governativi e delle maggiori testate giornalistiche di tutti gli States, come il primo New York Times ma anche il Woolworth Building, oltre al New York World Building sede del giornale di Pulitzer, demolito poi nel 1955 per far posto alla rampa del Brooklyn Bridge.
Raggiungendo poi l’incrocio tra la 60th street e la Second Ave potremmo salire sulla teleferica (é sufficiente utilizzare la metrocard o acquistare un biglietto di 2,50 $ a tratta) che ogni 10 minuti parte per Roosevelt Island.
L’isola, situata nel mezzo dell’East River, non è più il luogo lugubre e triste dei tempi di Nellie, e soprattutto il New York City Mental Health Hospital non esiste più. Oggi è una zona residenziale e di svago ma anche un’oasi di pace e di relax in cui passeggiare o semplicemente godersi il passaggio delle chiatte e dei traghetti turistici seduti su una panchina sul lungofiume.
Potremmo quindi spostarci sulla West 37 Street, nel cuore di Midtown Manhattan, la strada in cui Nellie Bly visse in una grande casa in brownstone per 10 anni assieme al marito, il milionario Robert Seaman, passando poi per Herald Square per ammirare l’edificio del vecchio Hotel McAlpin – oggi Herald Towers – dove soggiornò negli ultimi anni della sua vita, dopo aver perso le aziende di famiglia ed aver ripreso a lavorare al New York Journal.
Ultima tappa, il Woodlawn Cemetery, nel Bronx.
Il luogo in cui Nellie Bly, al secolo Elizabeth Cochran Seaman, fu sepolta nel Gennaio del 1922, pochi giorni dopo la sua morte, ed in cui oggi ancora riposa.
Di seguito un pò di letture consigliate per approfondire la storia ed il personaggio di Nellie Bly.
Nell’ordine, una bellissima biografia di Nicola Attadio, Dove nasce il Vento, vita di Nellie Bly, ed i due suoi libri più famosi, Dieci giorni in manicomio frutto dell’esperienza di reclusione al manicomio femminile su Roosevelt Island, New York, e Il giro del mondo in 72 giorni, un reportage dettagliato del suo viaggio in solitaria intorno al mondo.
Non credo ci sia modo migliore per terminare il racconto su Nellie Bly che consigliarvi di ascoltare la sua “intervista impossibile… resa possibile” da Le Intrepide.
Un Podcast dedicato, attraverso l’accattivante ed originale formula di interviste immaginarie, alle grandi donne del passato – esploratrici, scrittrici, giornaliste, archeologhe, scalatrici, persino donne pirata – che fecero della loro condizione femminile, in un momento storico in cui questa poteva solo essere un ostacolo, un valore aggiunto per emergere e fare la differenza.