Il racconto del mio Sbarco a Capo Horn, Cile.
Da Ushuaia, lungo lo stretto Canale di Beagle che separa l’Argentina dal Cile, si esce in mare aperto facendo rotta verso sud… destinazione Capo Horn!
Le molte ore di navigazione, decisamente agitata, non mi impediscono di godere dello spettacolo che mi si presenta davanti agli occhi all’arrivo.
L’Arcipelago di Cabo de Hornos, estremo avamposto di terra prima dell’Antartide!
A bordo degli Zodiac, piccole e speciali imbarcazioni necessarie per lo sbarco, come puntini nell’immensità dell’oceano che ci circonda, avvolti da grandi onde che ci ricoprono di spruzzi simili a pioggia battente, arriviamo ai piedi della Isla de Hornos, una piccola lingua di terra, l’ultima.
160 precari gradini per salire in cima, una spettacolare passeggiata, circondati solo da mare, nuvole e pioggia, accompagnati da un forte vento che a volte non consente di rimanere in piedi, per raggiungere la parte più alta del promontorio.
Il monumento del Cabo de Hornos é davanti a me, proprio lì dove l’Oceano Atlantico incontra il Pacifico, mitico capo per la circumnavigazione delle Americhe, croce e delizia di tutti i navigatori che in passato si sono cimentati nell’ardua prova di passarlo.
Storie di uomini coraggiosi, di naufragi, di sfide contro l’impossibile, l’eterna lotta dell’uomo, piccolo, fragile essere, dotato però di grande ingegno e astuzia contro la forza cieca degli elementi, l’impetuosa violenza di cui solo la natura sa essere capace.
Davanti a me una smisurata distesa di acqua, poi il nulla ed in fondo, lontano, ad ore di navigazione e di immaginazione, l’Antartide.
Dietro di me il piccolo faro dell’isola, la cappella Stella Maris e la bandiera a bande, rossa, bianca e blu con la stella che mi ricorda che ormai siamo in territorio cileno.
Questo é il luogo magico dove la realtà supera l’immaginazione, dove il sogno si concretizza, dove l’attimo diventa eternità, dove la vera essenza viaggio acquista il suo valore più puro e reale.
“Sono l’Albatros che ti aspetta alla fine del mondo.
Sono l’anima dimenticata dei marinai morti che attraversarono Capo Horn da tutti i mari della terra.
Essi però non morirono tra le furiose onde, oggi volano sulle mie ali per l’eternità, nell’ultima crepa dei venti antartici.”
(S.Vial)
4 Comments
che bello Simona, e che coraggio! 🙂 non amo il mare aperto però di fronte a questi spettacoli naturali bisogna “buttarsi” e andare! mi hai ricordato di quando in Portogallo sono arrivata a Cabo da Roca, estremo occidene europeo. molto piu facile da raggiungere ma comunque una sensazione meravigliosa di fronte a tutto quel mare e quel vento. alcuni scenari a volte ti ricordano quanto la natura sia davvero “potente” e superiore a noi. meraviglie da togliere il fiato.
Grazie Cristina, e’ stata un’esperienza unica nel suo genere e difficilmente dimenticabile… certo eravamo assistiti da marinai esperti ma che paura sugli zodiac in mare aperto!!
infatti! pensavo proprio a quel momento! io ho avuto mal di mare per due onde tra Bali e le Gili..ahahah..però quando sei lì non puoi tirarti indietro! brava!
Tu mi capirai… 20 ore di volo, tra scali vari, 13 ore di nave, arrivi alla Fin del Mundo e non puoi non fare l’ultimo emozionante passo verso la meta!!!