Se ripenso a Buenos Aires, al mio arrivo in città in una torrida mattina di metà novembre, complice una rovente primavera australe, alla sincera sorpresa, nel tragitto verso il centro, per il susseguirsi di scenari diversi e contrastanti ed all’intensa esplorazione dei giorni successivi, tornano prepotentemente a galla i colori vivi, accesi, caldi ma anche spenti e malinconici dei suoi quartieri, delle sue strade, della sua gente.
Una serie di istantanee fisse nella mente, quasi cartoline, che scorrono e che raccontano di un grande cuore pulsante, fatto di tante piccole affascinanti, intense, problematiche ed a volte incomprensibili realtà.
Una guida in immagini che attraversa i luoghi, la storia, i personaggi, la vita e le emozioni di una città decisamente al di fuori del comune.
Un pensiero triste che si balla secondo il compositore italoargentino Enrique Santos Discepolo, é la parola e l’immagine che più di tutto identifica l’anima della città e dei suoi abitanti, i portenos.
Il tango a Buenos Aires é ovunque, nei cartelli pubblicitari lungo le strade, nei locali turistici che affollano le strette vie della Boca e di San Telmo, nei gesti e nei movimenti dei professionisti che si esibiscono nei teatri e nelle storiche tanguerie del centro, negli sguardi e nel cuore della gente comune che si ferma volentieri a lasciare due spiccioli ad una coppia di vecchi ed affiatati tangueri che improvvisa un’emozionante ed inaspettato spettacolo nel bel mezzo di una strada affollata.
La Signora d’Argentina, amatissima ed indimenticata moglie del Presidente Peron, che a più di sessant’anni dalla sua morte, grazie soprattutto al suo impegno politico e civile nei confronti dei poveri e delle classi più disagiate dell’Argentina degli anni’40, ancora scalda il cuore dei suoi devotissimi portenos.
Le sue foto occupano le vetrine dei negozi d’antiquariato e le bancarelle del mercato di San Telmo, le sue parole e le sue gigantografie riempiono i muri e le avenidas della città, il suo ricordo, imperituro, sopravvive nell’emozionante museo a lei dedicato nel quartiere Palermo e nell’onnipresente offerta di fiori e lettere davanti alla cappella di famiglia nell’antico Cimitero della Recoleta, dove riposano le sue spoglie mortali.
Simbolo indiscusso non solo di Buenos Aires ma di tutta l’Argentina in quanto sede del potere esecutivo del paese da più di cento anni.
Il suo appellativo Rosada deriva dall’intensa gradazione di rosa della sua facciata, un colore in voga nell’800 in tutti gli edifici pubblici creato inserendo una piccola quantità di sangue bovino, che si pensava garantisse la resistenza del colore nel tempo, nei composti di calcina.
Comodamente adagiata nel centro della Plaza de Mayo tra la Cattedral Metropolitana ed il Cabildo, la Casa Rosada ha visto passare dentro e fuori le sue imponenti mura personaggi, presidenti e manifestazioni che hanno fatto la storia dell’Argentina.
Il momento ideale per fotografarla?
Al tramonto, quando le luci strategicamente posizionate la illuminano fino ad accentuarne il rosa intenso, una sorta di alone impalpabile che l’avvolge quasi sollevandola.
Proprio nella piazza antistante la Casa Rosada tutti i giovedì si riuniscono in un dignitoso e toccante corteo le madri ed i parenti dei giovani oppositori scomparsi misteriosamente durante il regime militare degli anni’70 guidato da Jorge Rafael Videla.
Ragazzi e ragazze per lo più ventenni spariti nel nulla ed i loro figli adottati illegalmente dalle famiglie dei militari sostenitori di Videla. Ogni settimana le madri attraversano la piazza lentamente chiamando uno per volta i nomi degli scomparsi e rispondendo per loro, un monito per il governo argentino, accusato di celare importanti informazioni e documenti a riguardo.
Non c’é odio nè rancore ma solo il desiderio di poter offrire giustizia ed una degna sepoltura ai loro cari e magari riuscire ad abbracciare i nipoti perduti.
Il cuore storico della vecchia Buenos Aires, un insieme di edifici d’epoca, conventi e chiese che riportano alla colonizzazione spagnola della città. Una via la Defensa che da Plaza de Mayo, attraverso locali, palazzi storici fatiscenti e negozi d’antiquariato arriva direttamente a Plaza Dorrego, il centro del quartiere.
La domenica l’intera zona é invasa dalla Feria de San Telmo, un vivace ed allegro mercato delle pulci (occhio al portafogli ed agli oggetti di valore, qui la prudenza non é mai troppa) durante il quale é possibile assistere a spettacoli di tango improvvisati e gustare una squisita parillada (una grigliata di carne mista).
In assoluto il modo ideale per entrare in contatto con la vera essenza della città…
La Bocca del Riachuelo (un piccolo affluente del Rio de la Plata), il vecchio porto di Buenos Aires, oggi completamente abbandonato. Qui nell’800 arrivavano immigrati da tutta Europa per lavorare nelle fabbriche conserviere di carne nei dintorni.
Il quartiere più fotografato e conosciuto della città ma anche uno dei più poveri e degradati, la Boca.
Perchè al di là delle vie principali, oltre El Caminito, i negozi di souvenirs, i ristoranti, le coloratissime e fotografatissime casine degli immigrati, lo Stadio della Bombonera e le gigantografie di Maradona, esiste una realtà parallela (decisamente e volutamente poco pubblicizzata) fatta di miseria e povertà e di situazioni familiari al limite del sostenibile.
Il cimitero storico più antico della città, un complesso monumentale inglobato nell’elegante, ricco e vitale quartiere della Recoleta.
Tutti i personaggi più importanti dell’Argentina, Evita Peron inclusa, sono sepolti qui. E’ possibile effettuare delle interessanti passeggiate guidate per addentrarsi ancora più nella storia e nelle dinamiche del luogo e della città stessa.
Proprio di fianco la splendida chiesa coloniale di Nuestra Senora del Pilar.
A nord della Recoleta, nel centro di uno spettacolare giardino, poco distante dal Museo Nazionale di belle Arti e dall’Università di Ingegneria si trova questa avveniristica scultura floreale. Un fiore d’acciaio gigante che grazie ai suoi sensori interni al sorgere del sole schiudeva (attualmente é fuori uso) i suoi petali per poi richiuderli al calar del giorno.
Nonstante il meccanismo sia rotto (il futuro, da queste parti, non é poi così vicino…) l’impatto visivo é sicuramente d’effetto, il colpo d’occhio del grande fiore sul verde e gli edifici circostanti é assicurato.
Essere a Buenos Aires e non assaggiare le sue squisite empanadas é considerato quasi un sacrilegio dai portenos.
Al pesce, alla carne, alle verdure, piccanti al punto giusto e sempre rigorosamente al forno.
Il luogo migliore per assaporarle in compagnia della gente del posto, ad un prezzo irrisorio, é senza dubbio la storica La Americana, una vecchia rosticceria all’incrocio dell’Avenida Callao col Palacio del Congreso.
Il nuovo che avanza, un impressionante complesso turistico sorto negli ultimi anni a ridosso del Rio de la Plata. Un insieme di vecchi magazzini per lo stocaggio delle merci portuali, attraversati da quattro bacini fluviali artificiali, restaurati e riadattati come ristoranti alla moda, alberghi, locali notturni, negozi di souvenir e complessi residenziali.
Il punto più suggestivo?
Il Puente de la Mujer, un ponte che attraversa il terzo bacino fluviale e che rappresenta in maniera stilizzata una coppia che, guarda caso… balla il tango.
Disfrute Buenos Aires y su esencia.
6 Comments
Grazie per averle pubblicate. Sarò di parte, ma non mi stanco mai di guardare foto di Buenos Aires 🙂
Grazie a te, sempre. Chi meglio di te può comprenderne l’essenza.
Devo ammettere che Buenos Aires é una città che lascia il segno… complicata, affascinante, vissuta, mi ricorda tanto la mia Napoli.
Che spettacolo! Sogno da bambina di andare in Argentina e prima o poi coronerò questo sogno 🙂
Te lo auguro davvero, l’Argentina e’ un paese affascinante e con un vissuto incredibile, ce n’e’ davvero per tutti i gusti! 🙂
Buenos aires…uno dei miei prossimi viaggi..l’ultima volta l’ho vista di sfuggita 🙂 splendida, grazie!
Grazie a te, spero tu possa tornarci presto.