“Noi, in parte, siamo frutto di quel sacrificio”
(Incipit Tenement Museum)
Queste poche parole, cariche di un’inaspettata commozione, soprattutto perchè pronunciate una ragazza di poco più di 20 anni, raccontano tanto della mia esperienza al Tenement Museum di New York.
Un museo che ripercorre in maniera intima ed estremamente efficace, la storia dell’immigrazione di questa città in uno dei suoi quartieri simbolo, il Lower East Side.
Un edificio, quello al 97 di Orchard Street, in cui dal 1863 al 1935 abitarono ininterrottamente circa 7000 immigrati, ed i suoi interni, perfettamente e talvolta drammaticamente conservati, grazie soprattutto al fatto che l’intera struttura fu chiusa definitivamente nel 1935 per poi essere riaperta solo nel 1992 come museo.
Una guida, la giovane ragazza a cui accennavo prima, sorprendentemente motivata e partecipe, due famiglie, una prussiana ed una italiana, le cui storie custodiscono un passaggio difficile ma fondamentale per coprendere gli Stati Uniti di oggi, ed una grande consapevolezza, il ruolo determinante svolto dall’immigrazione nello sviluppo e nella forza dell’identità nazionale americana.
L’esperienza del Tenement é forte ed efficace.
A differenza di Ellis Island, la famosa Gateway to America, il principale punto d’accesso negli Stati Uniti, in Orchard Street i nomi ed i cognomi, fissati da un inchiostro scolorito dal tempo sui registri dell’immigrazione, prendono vita, diventano persone vere con un volto ed un’identità ben precisa.
La possibilità di ripercorrere le loro storie, nei luoghi reali in cui queste si sono svolte, offre la concreta consapevolezza delle difficoltà e delle vicissitudini patite.
Stanza dopo stanza, racconto dopo racconto, foto dopo foto, si arriva quasi a conoscerle, a seguirle nella loro vita di tutti i giorni, a gioire e a patire con loro, attraverso l’angoscia e la solitudine, la speranza e la determinazione.
In un’ora o poco più é possibile seguire le vicende della famiglia Gumpertz, arrivata a New York nel 1870, e quella della famiglia Baldizzi, arrivata invece nel 1928.
Due storie, scandite dal corso degli eventi (come il Panico del 1873 che spinse molti uomini ad abbandonare le proprie famiglie in cerca di lavoro altrove o la Grande Depressione del 1920), cariche di episodi drammatici ma anche di grande fermezza e spirito di sacrificio.
Si scopre così che la signora Nathalie Gumpertz rimasta senza marito, lavorando instancabilmente come sarta e donna delle pulizie, riuscì a tirare avanti assieme ai suoi quattro figli (uno dei quali morto purtroppo prematuramente di diarrea) e che Adolfo e Rosaria Baldizzi realizzarono, tra mille difficoltà, il loro sogno di diventare cittadini americani e di far crescere i loro figli in quello che essi stessi definirono il paese della speranza e delle possibilità.
La prova di quanto e come dai loro sacrifici sia poi nato, nel tempo, qualcosa per cui sia valsa la pena lottare la si ha guardando a fine visita le foto, moderne e piene di colore, dei loro discendenti (l’organizzazione del museo é riuscita grazie ai registri a rintracciarne tantissimi) quasi sempre perfettamente integrati nel sistema americano ed allo stesso tempo orgogliosamente legati alle loro origini.
Gli appartamenti scarni ed angusti, i pochi oggetti posseduti, i miseri bagni in comune nel piccolo spazio all’aperto tra un edificio ed un altro, i graffi e le incisioni sulle scale e negli interni delle abitazioni, segno inequivocabile dei frequenti traslochi, le famiglie degli immigrati si spostavano di continuo e non sempre verso una situazione più agiata.
Ed inoltre il senso di claustrofobia che inevitabilmente assale il visitatore una volta entrato ed il continuo riferimento alle umiliazioni subite ed alle regole ferree a cui erano sottoposti gli immigrati arrivati nel Lower East Side, rendono ancora più forti e cariche di significato le parole commosse della guida al termine della visita.. Noi, in parte, siamo frutto di quel sacrificio.
Il Tenement é per me uno dei complessi museali più veri ed interessanti della città.
Riesce a mostrare senza filtri il lato meno patinato ma più concreto e reale del grande sogno americano spingendo tra l’altro il visitatore ad una profonda riflessione su una questione, quella dell’immigrazione, ancora attualissima e non scevra di problemi, tanto per chi é in cerca di un futuro migliore quanto per chi si trova nella condizione di doverne fronteggiare la massiccia e talvolta incontrollabile affluenza.
Il Tenement Museum si trova nel Lower East Side, al 103 Orchard Street ed é aperto tutti i giorni dalle 10 alle 18.
Le fermate metro più vicine sono quelle di Delancey-Essex Street e di Bowery.
Il costo del biglietto d’ingresso varia dai 20 ai 25 dollari, il Tenement Museum é gestito da un’organizzazione privata che va avanti grazie ai proventi delle visite ed alle donazioni.
Sono previsti diversi tour (il mio era quello denominato Hard Times) in base alla durata ed all’oggetto d’interesse dei visitatori, oltre alla visita dell’edificio é infatti possibile prendere parte a camminate guidate nel quartiere per scoprire i negozi e le attività di una zona da sempre ad alto tasso d’immigrazione.
Le visite, specie nei periodi ad alta affluenza turistica, possono agevolemente essere prenotate sul sito ufficiale.
E’ opportuno, una volta in possesso della prenotazione, recarsi al Visitor Center sempre mezz’ora prima dell’inizio del proprio tour, per ritirare il biglietto d’ingresso ed accertarsi che non ci siano variazioni d’orario, sempre a causa dell’affluenza.
All’interno del museo é assolutamente vietato fotografare e filmare e tenere acceso qualsiasi tipo di strumento elettronico, inclusi i cellulari.
Le foto d’epoca e degli interni presenti in questo articolo sono state gentilmente concesse dal Tenement Museum.
6 Comments
Brividi e commozione, bravissima!
Hai mai pensato di scrivere un e-book su questa New York insolita, come la definisci tu, che tanto ci piace?
Grazie Anna, sei sempre tanto cara, nel seguirmi e nel supportarmi.
Un e-book?
Onestamente non ci ho mai pensato, richiede un impegno ed una professionalità che non so…
Vediamo in futuro, comunque grazie per lo spunto 🙂
Non sono un appassionato di storia, x niente, ma lo sono di new york e questo tuo post é davvero bello.
Quasi quasi questo museo lo inserisco nella ista di cose da vedere 🙂
Questo commento mi fa davvero un gran piacere, grazie Mattia.
Riuscire a piacere anche a chi non condivide le mie stesse passioni… wow che soddisfazione, grazie ^_^
Complimenti, Simona, post veramente interessante!
Purtroppo questo me lo sono perso…alla fine il tempo per visitare New York si rivela essere sempre poco!
Grazie Antonella.
Hai ragione a Ny il tempo non basta mai… ogni volta mi avanza sempre qualcosa da vedere!