Dopo una notte insonne, trascorsa su un’aeropostale in volo dal Perù al Venezuela con, per giunta, un lunghissimo e lentissimo scalo tecnico a Quito, arrivo finalmente all’aeroporto di Caracas desiderosa di trascorrere qualche giorno in totale relax prima di rientrare in Italia.
Dicono che Los Roques, un’arcipelago paradisiaco a largo delle coste venezuelane, sia il posto giusto per rilassarsi prendendo il sole, facendo snorkeling, mangiando dell’ottimo pesce, dicono che sia tutto un altro mondo rispetto al resto dei caraibi, dicono che il volo che ci porterà sull’isola principale, Gran Roque, sia una “piacevole” passeggiata di 45 minuti tra le nuvole, circondati dall’azzurro brillante del cielo che sulla linea dell’orizzonte arriva a confondersi con il blu intenso del mare, dicono.
Dopo un paio d’ore passate ad aspettare in sala d’attesa l’imbarco del mio volo, salgo in compagnia di altri tre passeggeri su un bus che attraversa gran parte della pista passando tra aerei di tutte le dimensioni fino ad arrivare a quelli più piccoli.
Con mia grande sorpresa, ed é qui che inizio a preoccuparmi, il bus sorpassa anche quelli per finire col fermarsi davanti ad un piccolissimo veivolo, vecchio e a prima vista davvero malridotto.
Scendo un tantino perplessa, mentre il pilota dell’aereo, che e’ anche pilota in seconda, steward ed hostess di volo, in pratica c’é solo lui a bordo, ci guarda divertito e poi ci rassicura dicendoci che gli aerei per Los Roques saranno anche un pò vecchiotti ma tutti sicurissimi.
Ok, salgo non molto convinta e dopo aver iniziato da poco a muoverci sulla pista il veivolo rallenta e si ferma di nuovo per far salire due strani tipi dall’aspetto poco raccomandabile che evidentemente attendevano lì, con in mano un borsone e “qualche” bottiglia di rum, un “passaggio” per Gran Roque.
Nel ripartire, sempre più perplessa, mi accorgo con terrore che lo sportellone al mio fianco é un tantino traballante e lo faccio presente al pilota il quale sempre sorridente, senza neanche sfilarsi i suoi occhiali da sole per sincerarsi del problema, scende e viene a chiudermelo con una gomitata.
Si parte, dopo i primi minuti di volo passati a sdrammatizzare con gli altri tre passeggeri scherzando sulla sicurezza del nostro mezzo di trasporto, mi accorgo che sul supporto dell’elica destra c’é uno squarcio, probabilmente é lì da parecchio tempo, cerco di non pensarci e faccio qualche ripresa per distrarmi.
L’atmosfera é leggermente cambiata, l’aereo perde quota di continuo causando degli improvvisi vuoti d’aria, i due tipi col rum chiacchierano in tutta tranquillità, evidentemente abituati alla situazione, ed il pilota girandosi di tanto in tanto ridacchia divertito alla vista dei nostri volti terrorizzati.
Il nostro volo prosegue e finisce così, interminabile, noi rimaniamo in silenzio tutto il tempo fino a quando finalmente tocchiamo terra su una specie di spiaggia battuta, l’aereoporto di Gran Roque.
I famosi giorni di relax tra mare, sole e gran mangiate di pesce fresco che mi ero ripromessa di vivere su questo paradiso in terra, li ho passati giustamente a preoccuparmi per il volo di ritorno.
Tutto questo succedeva circa sei anni fa, in tempi non sospetti.
Purtroppo un paio d’anni dopo due di questi “trabiccoli volanti” sono precipitati sulla medesima tratta portando via con sè, nel fondo dell’Oceano Atlantico, tra gli altri 12 turisti italiani.