Cape Town é un mosaico.
Non credo possa esistere un termine più indicato per descriverla nella sua complessa totalità.
Un mosaico di colori, paesaggi, lingue, etnie, culture e tradizioni, un mix accattivante specie nel primissimo impatto, lo riconosco, eppure non sempre facile da comprendere ed ahimè talvolta anche da accettare.
Una posizione unica al mondo, una scenografica baia che affaccia direttamente sull’Oceano Atlantico e che degrada repentinamente dallo spettacolare massiccio della Table Mountain, un’estate australe calda e ventilata grazie all’intervento del Cape Doctor, il fresco vento atlantico che spazza via afa e smog, ed un inverno mite che ragala temperature difficilmente al di sotto dei 10 gradi.
E poi la storia, intensa, ricca, complessa, affascinante, difficile da comprendere in alcuni suoi passaggi eppure maestra di vita e di speranza per il futuro.
Ben 12 lingue parlate, quasi altrettante etnie e culture corrispondenti, un’interazione non sempre facile, lo si percepisce quasi subito, ed un mostro apparentemente sconfitto, quello dell’Apartheid, che continua silenziosamente a nutrirsi delle differenze ancora palesemente evidenti tra due universi (quello dei “bianchi” e quello dei “neri“) che continuano a scorrere vicinissimi, quasi paralleli, senza mai incrociarsi.
Di solito all’interno di un tour che include buona parte delle meraviglie del Sud Africa (inclusi i parchi) le si tende a dedicare non più di due giorni, incluse le escursioni lungo la Penisola del Capo.
In base alla mia personale esperienza direi che la sola città merita almeno due giorni pieni di esplorazione non solo per comprenderne le dinamiche e coglierne le sottili sfumature ma anche per riuscire ad incrociare i luoghi salienti della sua storia integrandoli, per alleggerire il percorso “emotivo”, con alcune delle vedute più spettacolari (e famose) al mondo.
Di seguito un elenco dei siti da non perdere con alcuni utili consigli per ottimizzarne le visite.
In pratica la cartolina da visita della città, un impressionante complesso di edifici di lusso, ristoranti (provate il gustosissimo menù con specialità di pesce del Greek Fisherman sulla balconata del Victoria Wharf Centre), negozi e centri commerciali perfettamente integrato nello stile della Table Bay, il modo migliore per orientarsi sulla disposizione geografica di Cape Town ed iniziarne l’esplorazione.
Dalla Nobel Square, la piazza che dal 2005 accoglie le statue in bronzo di quattro Premi Nobel africani per la Pace, i due presidenti Nelson Mandela e Frederik De Klerk, l’arcivescovo Desmond Tutu ed il politico Albert Luthuli, é possibile godere allo stesso tempo di una sorprendente vista sulla marina del Waterfront e sulla Table Mountain.
Attraversato il ponte girevole poco distante si raggiunge una simpatica colonia di foche, visibili a distanza ravvicinata ed, in prossimità della vecchia Clock Tower, il Nelson Mandela Gateway, un museo con imbarcadero che conduce a Robben island, l’isola prigione dove lo stesso Mandela fu detenuto durante gli anni difficili dell’Apartheid.
Il consiglio, soprattutto se si pensa ad una visita nel periodo di altissima stagione (dicembre-febbraio) é quello di prenotare i biglietti on line (si tratta di una delle attrazioni più visitate a Cape Town) per non correre il rischio del sold out una volta sul posto.
Il nucleo storico della città dal quale poi si aprono a raggio gli altri quartieri della città.
Una serie di vecchi edifici pubblici, chiese, strade lastricate, mercati etnici e giardini che dalla Long Street, la strada più vecchia della città, caratterizzata nella sua parte centrale da edifici di epoca vittoriana, pub dove ascoltare del buon jazz e balconi dalle splendide ringhiere lavorate in ferro battutto (che ricordano tanto il French Quarter di New Orleans), passando per St. George Mall e Greenmarket Square (luoghi di incontro, di bancarelle di prodotti locali e di artisti di strada), arrivano fino al Castle of Good Hope, una fortezza olandese, considerata la più vecchia costruzione del Sudafrica.
La zona di giorno é alquanto sicura e si può girare tranquillamente a piedi, fermandosi magari per un caffè in uno nei tanti localini aperti sulla Greenmarket Square, la piazza in cui di fatto nel 1834 venne abolita la schiavitù ed in cui oggi prende vita un vivace e colorato mercato locale.
Esistono tra l’altro nella zona diverse sistemazioni con un ottimo rapporto qualità/prezzo per la notte (come ad esempio il Gran Daddy o il Townhouse), ed anche se gli alberghi a ridosso del Waterfront sono di fatto i più gettonati e richiesti, mi sembra che quelli nella zona storica consentano una più profonda immersione ed esplorazione dei quartieri limitrofi.
Il consiglio per la sera, se si ha intenzione di raggiungere il Waterfront, é di chiamare un taxi (una spesa irrisoria, l’equivalente di poco più di 3 euro). Purtroppo all’imbrunire le traverse della Long Street si popolano di vagabondi e senza tetto che talvolta si fanno insistentemente avanti per chiedere cibo o denaro per acquistarne. Meglio sempre e comunque non rischiare.
L’uomo con il fez bianco che vedete nella foto sotto si chiama Noor Ebrahim.
Noor è nato nel 1944 a Cape Town, nel District Six, è musulmano ed è uno dei pochi deportati sopravvissuti allo sfollamento (deciso nel 1966 dal governo dell’Apartheid) di quello che per decine di anni era stato il quartiere per eccellenza della multiculturalita’ e della pacifica coesistenza.
Parliamo di 70.000 abitanti (neri, musulmani, malesi, ecc..) letteralmente sbattuti nel giro di poche ore nelle bidonville fuori città.
Il quartiere fu raso al suolo con l’intento di costruire le case dei bianchi ricchi ma alla fine nessuno volle abitare su quella terra “insanguinata”. Oggi l’area viene lentamente recuperata ed i terreni man mano restituiti ai legittimi proprietari.
Il District Six Museum, proprio all’ingresso del quartiere, a due passi a piedi dalla città vecchia, rievoca l’intero periodo in maniera potente e chiarisce molti punti oscuri.
Noor lavora come guida (ha anche scritto un libro sulla sua storia) e si impegna ogni giorno a raccontare alle nuove generazioni un passato che non puo’ e non deve essere dimenticato!
Parlare con lui è emozionante e decisamente costruttivo.
Se avete in programma un viaggio a Cape Town questo è proprio un luogo che non potete perdere. Il consiglio é di prenotare tramite il sito ufficiale una visita del quartiere con Noor per riuscire ad avere una visuale reale e forse più chiara di quanto accaduto negli anni difficili dell’Apartheid.
Una serie di stradine tortuose che si arrampicano lungo le pendici della Table Mountain, circondate da deliziose casette colorate, immutate nell’architettura da più di 200 anni.
Sembra addirittura che la prima casa colorata fu acquistata (e successivamente abitata) alla fine del 700 da uno schiavo nero liberato.
Si tratta del Quartiere Malese (di forte impronta musulmana), miracolosamente sopravvissuto all’Apartheid ed alle sue spietate “politiche” grazie all’intervento dell’Ente Locale per la Tutela dei Quartieri Storici che evitò le demolizioni avvenute nel District Six.
Gli abitanti della zona, gentili ed orgogliosi delle loro pittoresche dimore, passano buona parte del loro tempo sulle variopinte terrazze e non è raro che esortino i visitatori a fotografarle esternamente e talvolta visitarle, un’esperienza che dice tanto della varietà culturale della città.
La leggenda locale racconta che quella densa coltre di nubi che si forma spesso sulla cima del massiccio, che sembra talvolta come venir fuori da un pentolone bollente e che prende il nome di Devil’s Tablecloth (ovvero, tovaglia del diavolo) si sia originata da una gara di fumo tra il diavolo ed un esploratore olandese, proprio nei pressi del Devil’s Peak, e che si riproponga ogni volta che ai due venga voglia di sfidarsi.
Al di là del mito la salita sulla Table Mountain, annoverata tra le 7 meraviglie del mondo moderno, é un’esperienza che da sola vale il viaggio a Cape Town.
L’antica funivia, in funzione dal 1929, permette di raggiungere in pochissimi minuti la vetta del massiccio, una risalita emozionante su una pedana rotante che permette di godere di una visuale a 360° sulla Table Bay.
Una volta in cima é possibile seguire una serie di percorsi segnati che permettono di ammirare da una posizione privilegiata parte della Penisola del Capo.
Il consiglio (oltre a quello di salire con abiti e scarpe comode se si vogliono intraprendere percorsi tra le rocce) é quello di acquistare i biglietti on line sul sito ufficiale per evitare le lunghe code frequenti soprattutto nell’alta stagione che coincide, come nel caso della mia visita, con l’inizio dell’estate australe.
L’unica variante può essere il tempo, in caso di condizione avverse infatti la funivia (giustamente) viene chiusa.
Per ulteriori informazioni su cosa vedere a Cape Town, festività in corso, attività ed eventuali chiusure consiglio di fare riferimento all’utilissimo sito ufficiale della città, Love Cape Town.
6 Comments
Ciao Simona,
come ti accennavo brevemente su Facebook mi sono ritrovata nelle parole che scrivi su Cape Town e sul viaggio in Sudafrica in generale. Anche per me non tutto è ancora chiarissimo nella mia testa, sono tanti i dubbi rimasti soprattutto per quanto riguarda il divario neri/bianchi, che checché se ne voglia dire esiste ancora, eccome. È stata la prima domanda che ho fatto al proprietario del nostro lodge, e ho visto che si è irritato quando mi rispondeva, ma per me Sudafrica è anche questo, un impasse che non se ne va con la promulgazione della legge anti apartheid.
Per il resto la città e i dintorni sono una meraviglia, tanto è vero che in 4 giorni sono riuscita a vedere solo metà delle cose che mi ero prefissa. Sarà per il prossimo viaggio 😉
Serena, grazie per questo commento.
Temevo di essere stata l’unica ad avere questa impressione ed a manifestare alcuni dubbi, specie a giudicare dal facile entusiasmo con cui molti si affrettano a descriverla come una storia chiusa e come una città senza problemi.
Resta indiscutibile il patrimonio paesaggistico, culturale e storico e come te mi riprometto di tornare per approfondire!
Grazie per essere passata di qui, mi ha fatto davvero piacere 🙂
Ciao Simona. Bel tour e che gioiellino Bo-kapp! 🙂
Eh già, piccolo gioiello con una storia incredibile!!
grazie 🙂
Anche io sono stato in Sudafrica nello stesso anno, il 2016, ma a settembre. Il Waterfront e la Table Mountain sono indimenticabili, così come il viaggio per tutta la penisola del Cape. Ho trovato anche Johannesburg molto interessante, così come la veloce gita a Pretoria.
Nella questione razziale si intersecano rivalità tribali tra i gruppi etnici Zulu e Xhosa, poi ci sono i cosiddetti “colored”, nè bianchi nè neri.
Quello che mi ha sorpreso è che tutta la complicata nomenclatura razziale del periodo dell’apartheid sia ancora usata oggi e considerata normale, anche dopo il superamento della parte legislativa e normativa.
Abbiamo avuto più o meno le stese impressioni allora! Mi fa piacere questo riscontro.